Cenni storici
Molinella dalle origini ad oggi.
Durante l’età del ferro (circa il 1000 a. C.) si sviluppa nelle vicinanze dei nostri territori la civiltà villanoviana con una popolazione che rappresenta, secondo moderni studi, la fase precoce della civiltà etrusca. Tale civiltà si estende verso il mare, fonda la città di Spina e, nei secoli, realizza un geniale sistema di canalizzazione creando, fra bacini e lagune, vie d’acqua per frenare la tendenza delle acque vallive ad espandersi.
Così la grande pianura chiamata Padusa, dove sorgerà la nostra città, preda di acque stagnanti, si trasformerà in terra feconda.
In questi paraggi, ai limiti orientali di una immensa boscaglia denominata Silva Litana, avrà luogo, come ci racconta Tito Livio, nel 219 a. C., un sanguinoso scontro fra i Galli e due legioni romane comandate dal pretore Postumio Albino attirate in un singolare tranello.
I barbari, tagliati gli alberi in modo che stessero ritti e potessero abbattersi sotto lieve spinta, si posero in agguato e li fecero cadere sui Romani provocando una carneficina.
I nostri territori sono sempre stati oggetto di inondazioni per la vicinanza del Po di Primaro ma, soprattutto, perché dall’Appennino scendono molti corsi d’acqua turbolenti come il Reno, l’Idice, il Savena, il Centonara, il Quaderna.
Probabilmente, i primi abitanti delle nostre zone provenivano da territori limitrofi in cerca di rifugio per sfuggire a saccheggi che seguivano ad ogni invasione straniera o a rivolgimenti politici.
Il modo di vivere in un ambiente caratteristico, irripetibile, a contatto con l’acqua, le continue lotte per contenerla nei suoi alvei, la pesca, i traffici fluviali, plasmarono nei secoli una popolazione tipica, dai connotati psicologici particolari, da cui prenderanno sostanza le vicende umane successive.
Le prime abitazioni erano di canne, intonacate con il fango: di cotto era solo il focolare.
Pare che il primo nucleo di abitazioni avesse il nome di Corte del Poggio, ma ben presto si cominciò ad usare il nome di Vico Canale per la presenza di una via d’acqua che attraversava l’ abitato, incrociando un canale detto Canalazzo e formando il Laghetto delle Mandrie e la valle Iuba.
Nelle vicinanze si trovavano il Porto del Pesce e quello di Barattino.
Da dove prese origine il nome Molinella? Il toponimo si riferisce sicuramente ai mulini qui disseminati in gran numero. Importanti per l’economia del circondario e per la singolarità di macinare sia quando l’acqua scorreva verso il mare sia viceversa, per le alte maree. Le pale, infatti, non erano concave, ma piatte.
Le prime vaghe notizie risalgono al XII secolo, ma solamente in una nota del Ghirardacci del 1322 e poi in altre cronache locali troviamo il nome di Molinella, della torre e del castello di S. Stefano a proposito di lavori di rinforzo.
Le cronache degli ultimi dieci anni del secolo XIII sulle lotte fra la Signoria estense e il Comune di Bologna citano i nomi di luoghi vicinissimi al nostro paese, come Castel Cavalli, Barattino, Riolo, Durazzo, ma mai quello di Molinella, il cui castello (e le strutture di agglomerato di famiglie) si devono essere affermati nel primo ventennio del secolo XIV.
La curia o castello di Cavalli, che deve essere considerata il primo luogo abitato delle nostre zone, si trovava a circa cinque chilometri ad est di Molinella, mentre Durazzo e Riolo erano ancora più vicini: ora queste località sono scomparse lasciandoci scarse vestigia del loro passato.
Molinella venne indicata per la prima volta come Torre di Santo Stefano della Molinella nel 1322.
La Torre che sorge al centro della città non è la primitiva, costruita all'inizio del XIV secolo. Quella infatti fu rasa al suolo, assieme al castello adiacente di S. Stefano, nel 1390 dalle truppe di Gian Galeazzo Visconti.
La Torre che oggi vediamo costruita sulle fondamenta della precedente fu terminata solamente verso il 1404.
In quel secolo, è da ricordare la battaglia della Molinella (o della Riccardina) che fu combattuta il 25 luglio 1467, con esito incerto, fra le truppe della Repubblica di Venezia, coalizzate con gli Estensi e i fuoriusciti Fiorentini e comandate da Bartolomeo Colleoni e le truppe della "Lega italica" (Milano, Firenze, Napoli, Bologna) guidate da Federico di Montefeltro, Duca di Urbino.
Nel '500, Molinella divenne parte dello Stato della Chiesa, senza conoscere il fenomeno della partecipanza agraria, tipico della zona.
Intanto il nostro borgo si ingrandiva: i suoi commerci, attraverso i porti del Pesce e Barattino, si sviluppavano anche perché situati al confine fra il territorio bolognese e quello ferrarese, luoghi deputati non solo al trasporto delle merci, ma anche al passaggio di fuorusciti, ladri, banditi.
In loco erano quindi numerosi i dazieri, i doganieri e le guardie confinarie: non a caso la parrocchia fu dedicata a S. Matteo, protettore dei dazieri.
La zona del porto del Pesce poi, punto di ritrovo di ladri e fuorusciti, nel tempo, prese il nome di Malborghetto, toponimo ancora oggi vitale.
La laboriosa popolazione del luogo riusciva a strappare alla palude terreno dove coltivare l’indispensabile alla sopravvivenza.
Il Comune rurale, che si formò tardi e precisamente nel 1562, ebbe i suoi capi, i giurati, i campari investiti di qualche funzione giudiziaria e di polizia, pur sempre sottoposti al Comune di Bologna o ai feudatari.
Il Primo Podestà fu Galeazzo Malvezzi.
Gli abitanti erano circa 800 e la sede municipale fu situata nel palazzo di S. Stefano che inglobava la torre.
Il primo luogo di culto, a Molinella, deve essere stato contemporaneo alla costruzione del castello e della torre citati: ne abbiamo un disegno eseguito nel 1578 da Ignazio Danti.
La parrocchia fu istituita già nel 1522.
Il XVI riservò problemi e turbolenze, causate dalle continue lotte fra gli Estensi e il Senato bolognese, dipendente ancora dall’autorità politica del Pontefice.
Per le frequenti modificazioni dei terreni provocate dalle piene dei fiumi permaneva confusione dei confini civili ed ecclesiastici con sconfinamenti ed opposte pretese per cui, dopo lunghe trattative, si giunse - il 12 febbraio 1579 - ad un compromesso con impegno delle due parti ad osservarne i capitoli solo temporaneamente, cioè “pro interim”. Venne fissata una divisione fra il territorio bolognese e quello ferrarese con una linea di demarcazione che, per quanto riguarda Molinella, passava proprio lungo la strada principale del paese, il quale veniva così diviso in una zona ad ovest, bolognese ed una ad est, che rimaneva sotto giurisdizione ferrarese.
La chiesa parrocchiale di S. Matteo rimase ad ovest, mentre una chiesetta vicina passò agli Estensi, situazione che innescò liti, incomprensioni, scaramucce che si affievolirono solamente nei primi anni del secolo XX quando le condizioni si modificarono.
Nel Seicento si deve ricordare il terribile flagello della peste del 1630 che colpì tutta l’Italia Settentrionale.
L’epidemia nella nostra cittadina fu altrettanto grave e cessò solamente, come scrisse il parroco del tempo, dopo una processione ai primi di luglio con l’immagine di S. Francesco di Paola.
Il Settecento vide Molinella ancora soggetta allo Stato pontificio e oppressa da una prolungata carestia.
Inoltre, con l’innalzamento dei terreni per i depositi alluvionali, divennero sempre più difficoltosi i traffici fluviali e cominciarono a scomparire i caratteristici mulini.
Quando il bolognese Cardinal Lambertini salì al soglio col nome di Benedetto XIV fu possibile dare al bracciantato locale una mercede sufficiente per la costruzione del Cavo Benedettino che si immetteva nel Po di Primaro: correva l’anno 1745.
I lavori durarono cinque anni, ma il Cavo si interrì tanto rapidamente che fu necessario introdurvi ben presto il fiume Reno.
Dopo la Rivoluzione del 1789 giunsero nei nostri territori, a fine secolo, le truppe francesi che provocarono agitazioni e complicazioni sociali.
Quando, nel 1686, era stata costruita la chiesa e costituita la parrocchia di Marmorta, i limiti di quest’ultima verso Molinella vennero a coincidere con il confine della famosa Transazione e solamente nel 1797, a causa di alcune rettifiche territoriali, Molinella diventò tutta bolognese.
Anche la chiesina della Madonna del Pilastro (nel frattempo dedicata a S. Francesco d’Assisi), tornata sotto la giurisdizione di Bologna, divenne sussidiaria della parrocchiale di S. Matteo.
In tal modo vennero eliminate tante incomprensioni anche se la situazione si normalizzò solo nel 1917.
Con gli aneliti di libertà, l’ascesa al trono di Pio IX, l’amnistia ai condannati politici, con sentimenti aperti a nuove idee, si creò un’atmosfera di entusiasmi che permeò i primi decenni del secolo XIX.
Anche nel nostro paese fu fondata, il 14 maggio 1848, la Guardia Civica.
Da Molinella partirono molti patrioti che parteciparono alla cacciata degli austriaci da Bologna l”8 agosto 1848: i più noti furono i fratelli Mariano e Sebastiano Zavaglia.
Ma l’anno successivo vide il triste epilogo della prima guerra d’indipendenza.
Si estendeva intanto nel nostro comune la coltivazione del riso, che fu frenata solo momentaneamente fra il 1855 e il 1856 per un’epidemia di colera che provocò un numero imponente di decessi.
I terreni coltivati a riso triplicarono in pochi anni attirando una forte immigrazione di mano d’opera, specialmente femminile, dalle zone più povere dell’Appennino, cosicché quando nella seconda metà del secolo il lavoro cominciò a diminuire, comparve lo spettro della disoccupazione.
In questi anni si diffuse maggiormente la malaria per l’incremento dei lavori nelle acque stagnanti.
I salari spesso raggiungevano appena il minimo della sussistenza.
Per questi ed altri motivi, Molinella divenne la terra di memorabili scioperi del bracciantato in generale, dei risaioli in particolare.
L’aspirazione istintiva dei Molinellesi ad associarsi si concretò per la prima volta nel 1863, con la fondazione della Società di Mutuo Soccorso degli Artisti e degli Operai e la Società operaia. L’anno dopo sorse la Società Mutua Femminile.
Si imponeva frattanto la personalità di Giuseppe Massarenti, abile organizzatore e difensore dei diritti dei lavoratori che in questo periodo di aspre lotte assieme ad altri uomini ben determinati fondò la Cooperativa di Consumo (1896) e la Cooperativa agricola (1905).
Promosse inoltre nel 1892 la costituzione della sezione socialista e della Lega di resistenza in cui venivano rivendicate le otto ore di lavoro e l’esercizio del collocamento.
Nel 1899 veniva fondata anche la Società Cooperativa cattolica Cassa Rurale ed Artigiana che dopo la fusione con altre consorelle ha raggiunto dimensioni ragguardevoli con il nome di CREDIBO.
Come conseguenza delle lotte per il lavoro i socialisti diventarono maggioranza, conquistando nel 1900 il comune: Luigi Ploner fu eletto primo Sindaco socialista.
A lui successe Giuseppe Massarenti che, con un’amministrazione eclettica ed energica, si dedicò, fra l’altro, ad un piano edilizio impegnativo con la costruzione di scuole e case popolari.
Dopo la prima guerra mondiale, l’avvento del fascismo segnò una pausa d’arresto nel movimento cooperativo e provocò la diaspora di molti esponenti del socialismo molinellese.
Il ventennio fascista, peraltro, fu caratterizzato dalla realizzazione di ingenti opere pubbliche e da ottimi risultati negli sport, in particolare nel ciclismo, nell’atletica e nel calcio tanto che la squadra locale riuscì, nel 1939-40, a calcare i campi della serie B.
Il sistema cooperativistico fu ripristinato dopo la seconda guerra mondiale, con la ripresa dell’agricoltura, dell’artigianato e lo sviluppo delle industrie con l’introduzione delle moderne tecnologie.
In questi ultimi anni i commerci e le attività produttive conoscono un nuovo periodo di vivacità e sviluppo.
Testi tratti da studi e pubblicazioni del Dott. Tullio Calori.